Storie di Pow(H)er Generation con Rossella Migliaccio

Storie di Pow(H)er Generation prosegue con l’intervista a Rossella Migliaccio, imprenditrice & esperta d’immagine, intervistata di Eleonora Venuti, Marketing & Business Community Manager @Mind.

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Rossella, partiamo dall’inizio della tua carriera e dalla passione verso il mondo dei colori. Cosa ti ha ispirato e quali sono stati gli step fondamentali per raggiungere il tuo successo?

Dopo la laurea, ho iniziato a fare esperienza per alcuni anni a Milano lavorando in diverse case editrici di moda. Queste esperienze sono continuate anche dopo a Londra in agenzie di pubblicità e questo è stato sicuramente un background fondamentale. A Londra ho scoperto anche il mondo della consulenza d’immagine, che in area anglosassone ha una lunga tradizione. Venendo a contatto con questa disciplina, ho deciso di studiare e cambiare lavoro per diventare consulente d’immagine. All’inizio è stato molto complesso, poi piano piano ho iniziato a lavorare  con clienti privati ed aziende e da lì anche ad insegnare in numerose e prestigiose accademie.

 

 

Hai fondato l’Italian Image Institute, il primo istituto in Italia dedicato alla consulenza d’immagine creando una vera e propria figura professionale praticamente nuova nel nostro paese. Come è nata l’idea e a chi si rivolge?

Ho iniziato offrendo i miei servizi ai privati e alle aziende. Successivamente ho scoperto la vocazione per l’insegnamento grazie alle docenze in altri Istituti, in particolare il Politecnico di Milano e la Business School del Sole 24Ore.  Grazie a queste esperienze ho avuto prova diretta che l’insegnamento mi dava moltissime soddisfazioni. All’epoca però molte persone a me vicine – essendo il mio lavoro comunque nuovo – mi consigliavano di non insegnare per timore che questo potesse generare concorrenza. Credo un diverso punto di vista fosse fondamentale, così ho iniziato a insegnare. Non ho fatto soltanto una cosa che mi gratificava umanamente, bensì ho posto le basi per fondare l’Istituto. Un luogo che oggi conta diverse centinaia di studenti all’anno.

 

 Ci racconti come si è evoluto negli ultimi anni l’istituto?

Rimane una scuola e dunque offre formazione professionale. Evolvendosi il mercato e le opportunità grazie ai social, si sono aperte ulteriori opportunità. Oltre alla formazione di altre ed altri consulenti, forniamo gli strumenti professionali per poter svolgere  l’attività di consulenza  e collaboriamo con le aziende. Ma sviluppiamo anche anche nuovissimi progetti come ad esempio l’app, lanciata a giugno 2021, che ci ha dato grande soddisfazione. Sono guidata da due driver, la passione– ciò che ci piace fare è poi quello che ci riesce meglio- e le opportunità che il mercato propone. Il periodo storico che viviamo non permette alle aziende di poter fare dei progetti a lungo termine, bisogna fare ragionamenti a medio termine e avere la capacità di adattarsi ai cambiamenti e anche agli ostacoli. Nel caso dell’app, ad esempio, erano gli stessi  followers che all’interno dei social, chiedevano di un’esperienza  maggiormente personalizzata nello shopping e da lì è nata l’idea di  personalizzare lo stesso per forme e colori degli utenti. E’ stata una cosa spontanea. 

 

Partendo da questa considerazione Se dovessi dare un parere/ consiglio a chi ci sta ascoltando, cosa ti sentiresti di consigliare a chi sta cercando di costruire il proprio percorso professionale personale?

Il consiglio è che quando abbiamo un’idea, un progetto dobbiamo darci un’opportunità, anche più d’una, se alle prime sbagliamo. Il consiglio è, in sintesi, di CREDERCI! Perché quando io ho iniziato questa professione era  ancora un qualcosa di sconosciuto in Italia e molte persone mi hanno scoraggiato, dicendomi che nel nostro paese un progetto così non avrebbe mai funzionato. Ovviamente è stato tutto in salita. Qualunque sia il vostro progetto se si basa su una passione e su una visione in cui voi credete, andate fino in fondo. Datevi la possibilità di sbagliare e fallire per poi riprovare, perché poi arriverà il momento giusto.

 

In una visione piuttosto comune, il mondo della consulenza di immagine viene visto come un settore effimero, legato ad un mondo non reale o magari più semplicemente non alla portata di tutti.

In realtà che c’è molto di più: dalle tue parole vengono veicolati messaggi importanti come l’auto-accettazione, positività, empowerment al femminile. Con la tua professione supporti le donne a superare certi stereotipi e luoghi comuni, come ad esempio scrivi nel tuo libro “Forme” parlando del concetto di “body positivity”: cos’è? Quali sono i risvolti per una donna nel suo ambito professionale?

Questa è una tematica che mi sta molto a cuore. Storicamente la consulenza d’immagine, almeno per come l’ho studiata io,  veniva vista come uno strumento per renderci più belli o più adeguati per certe situazioni, per piacere e farci piacere di più. Per stare nel Dress Code che qualcun’ altro aveva deciso o per stare nei canoni che qualcun’ altro aveva deciso. Quello che ho fatto è stato rivoluzionare questo paradigma, mettere in discussione quello che avevo imparato,  per prendere il buono,  ad esempio il gioco delle proporzioni e dei colori, ma non per cambiarci in nome di canoni imposti da altri, ma per valorizzare noi stessi  per quello che siamo. Mettiamo al centro la persona e poi scegliamo gli abiti e gli accessori che saranno maggiormente valorizzanti per la stessa e non il contrario. Lo sento come un dovere anche per la mia visibilità sui social, dal momento che la nostra immagine e la sua comunicazione tocca corde molto profonde della nostra intimità.

E poi c’è anche l’aspetto legato all’empowerment femminile. Noi siamo un’istituto tutto al femminile, cosa di cui sono molto orgogliosa. Siamo riuscite a smentire i vecchi stereotipi secondo cui le donne non farebbero gruppo o non lavorerebbero bene insieme. Dal punto di vista della formazione abbiamo molte persone che vengono a fare i corsi da noi, e progressivamente si sta sempre più allargando il target. Le nuove consulenti e i nuovi consulenti presentano storie molto diverse tra loro. Per alcune è un’ opportunità lavorativa per altre invece un’occasione per reinventarsi. Spesso sono donne che hanno lasciato  il lavoro per vari motivi, spesso familiari, e si iscrivono all’istituto per reinventarsi. E credo che questo sia molto bello.

 

Entrando nel vivo dei colori, nel tuo libro si parla dell’ Armocromia come una scienza, quali sono i suoi fondamenti e applicazioni?

L’Armocromia è un metodo che in base all’analisi di occhi, pelle e capelli ci aiuta a scoprire quali sono i colori che possono valorizzarci di più. Vale per donne ed uomini di ogni età, è dunque assolutamente molto inclusivo. È un metodo scientifico perché l’analisi di pelle, occhi e capelli si basa su quelli che sono i nostri colori personali che sono dati scientificamente da elementi come la melatonina, il carotene e l’emoglobina che vanno ad influenzare il sottotono della nostra pelle e dunque le nostre caratteristiche cromatiche. C’è dunque una una spiegazione anche scientifica alla base del tutto.

 

E anche l’ufficio deve essere in palette? 

L’Armocromia nasce per valorizzare la persona. Si rischia però a volte di cadere in quella che io definisco Armo-follia, per la quale l’Armocromia ci piace così tanto che tendiamo ad applicarla dovunque  e ad estenderla anche ai luoghi che viviamo e che frequentiamo per varie ragioni, come ad esempio la casa. Nasce comunque, lo ribadisco, per lo studio dei colori personali e per valorizzare la persona stessa.

 

Si possono sintetizzare i vantaggi pratici ma anche psicologici adottati dall’ Armocromia nella pratica quotidiana?

 L’Armocromia è un metodo che ci aiuta a risparmiare tempo, spazio e denaro. Una volta che conosco i miei colori personali ed ho un’ armadio settato, diciamo, in palette, il vantaggio è che tutto si abbina con tutto, perché l’armadio diventa armonicamente  e cromaticamente coerente. Questo ci fa risparmiare spazio nell’armadio,  non ho bisogno ad esempio di mille vestiti od accessori, ma solo di quelli giusti e valorizzanti. Risparmio denaro e compro meglio, non solo perché ciò che ho mi valorizza, ma perché sono cose che effettivamente uso. Molti dei capi che compriamo, li acquistiamo d’impulso e  poi non sappiamo come abbinare gli stessi tra loro o con ciò che già abbiamo, oppure quando li mettiamo non ci sentiamo a nostro agio perché non sono di un colore per noi valorizzante. Oltre ai temi dell’ inclusività vi è anche un tema ambientale, di fondamentale e decisiva importanza, che risponde a questa politica: comprare meno e meglio.

 

Sfatiamo, se possiamo,  il mito del colore che “per sicurezza” scelgono tutte, il nero! Dicono slanci la figura, che sia  sinonimo di eleganza e autorità, ma sta davvero bene a tutte?! 

Stando all’Armocromia il nero sta nella palette Winter. Di fatto in realtà è solo una delle quattro palette che gode dal vantaggio di essere valorizzato dal nero, ma anche le altre non vietano l’utilizzo del nero. Quella Winter sta meglio con il nero, tutto qua. Per il resto tendo a sottovalutarlo, è  sicuramente un bellissimo colore, che possiede una lunga storia e un inimitabile fascino e, in generale, mi piace l’estetica dark. Contesto l’uso del nero, solo quando lo si utilizza per ripiego, ossia quando viene esibito per paura di usare altri colori. In questo caso tendo a consigliare di superare la  paura del colore ed invito ad usare un colore che può essere valorizzante per la persona. Se diventa una scelta di ripiego, il nero, rischia di diventare una scelta noiosa.

 

Un consiglio per tutte le persone che ci stanno leggendo: qual è l’ outfit perfetto per un meeting lavorativo?

Dipende molto dal settore e per il ruolo per il quale ci stiamo candidando. Viviamo in tempi molto fluidi, di grandi cambiamenti e dunque anche nelle regole che in qualche modo codificavano l’abbigliamento, i numerosi Dress Code rigidi e i molti don’t, stanno venendo sempre più rapidamente sdoganati. Ciò appare molti settori, più difficile che questo accada in settori tradizionalmente più conservatori. Però è anche il concetto di Dress Code in sè che si sta rapidamente sdoganando. Tutto ciò va di pari passo con il ruolo della donna, con certi schemi culturali, etici e oggi non deve più essere detto che se mi vesto in un certo modo non sia credibile. Io sono una persona che è preparata per quel ruolo e basta. Non dovrei e non devo essere giudicata per la scelta del mio abbigliamento e credo che questo sia molto meno rigido rispetto ad una volta.

 

Grazie a Rossella Migliaccio per aver condiviso la sua storia per aver condiviso con noi la sua storia, con la speranza che sia fonte d’ispirazione e consapevolezza.

 

 

Per maggiori informazioni sull’iniziativa  Pow(H)er Generation ti invitiamo a scoprire di più sul sito ufficiale di Cariplo Factory.