Storie di Pow(H)er Generation con AmbiensVR

Nome e Cognome | Veronica Vecci

Ruolo | Co-Founder

Nome startup | AmbiensVR 

Settore |  Smart working – Hospitality 

Anno di lancio | 2016

Per la rubrica Storie di Pow(H)er Generation,
oggi intervistiamo la Co-Founder di AmbiensVR 

 

 

Di cosa si occupa e qual è il punto di forza della tua startup?

AmbiensVR è nata come startup focalizzata su “Realtà Virtuale per l’Architettura e il Design”. Abbiamo iniziato trasformando progetti CAD in Realtà Virtuale e in Realtà Aumentata. Tra il 2016 e il 2019 abbiamo realizzato più di 600 progetti AR/VR, alternandoci tra Italia e Spagna; parallelamente organizzavamo workshop per architetti e ingegneri, formando circa 200 professionisti AEC. Nel momento in cui è scoppiata la pandemia, abbiamo completamente orientato l’azienda alla rivendita delle soluzioni software interne costruite da allora.  Ora abbiamo circa 400 clienti in tutto il mondo e tutti i nostri plugin attualmente sono valutati cinque stelle sullo specifico Store. Stiamo inoltre continuando a lavorare per la creazione di Master e corsi dedicati all’utilizzo delle tecnologie immersive in architettura e design. 

 

Come è nata l’idea?

Chiacchierando banalmente con Ennio, amico di una vita e co-founder di AmbiensVR, durante un lunghissimo viaggio in macchina. Io lavoravo nel mondo della progettazione e lui nel mondo dei videogiochi, uno dei primi settori ad approcciarsi con forza alla Realtà Virtuale. Mi stavo lamentando delle difficoltà di comunicazione progettista-cliente e quando Ennio ha menzionato questa tecnologia mi si è aperto un mondo: fino ad allora il rendering era un buon compromesso, ma non permetteva di testare le soluzioni architettoniche in scala 1:1, come invece poteva fare la Realtà Virtuale.  

 

Grazie alla tua idea imprenditoriale hai realizzato un tuo sogno nel cassetto o hai stravolto i tuoi piani?

Direi che ho stravolto i miei piani. Ho una formazione ingegneristica e davo per scontato il fatto che avrei lavorato all’interno di uno studio di progettazione. Invece mi sono trovata a trasformare i colleghi in clienti. 

Non è stato facile intraprendere una strada diversa, non tanto per difficoltà operative quanto per difficoltà a prendere le distanze dalla visione che avevo avuto di me fino ad allora.  

 

Di cosa ti occupavi prima di lavorare in una realtà innovativa?

Ero un ingegnere edile con tutte le intenzioni di fare l’ingegnere edile. Ma la passione per il rendering e il mondo della modellazione 3D erano già molto forti. Pensavo sarebbero state parte del mio lavoro ma non pensavo potessero diventare IL mio lavoro. 
Questo percorso mi ha anche insegnato che la formazione universitaria deve essere intesa come uno strumento e non come una gabbia: puoi deviare dal percorso lavorativo prestabilito facendo comunque tesoro di ciò che hai studiato. 

 

In base alla tua esperienza reputi che il percorso professionale femminile è più complicato di quello maschile?

Sotto alcuni aspetti decisamente sì.  Faccio un discorso legato soprattutto al mondo startup, ma il problema vero nasce prima, a livello universitario: sono ancora poche le donne laureate nelle materie STEM che – assieme ad economia – sono le materie in cui sono specializzati solitamente i founder. Questo crea un problema di acceso alla base. Penso – e spero- che questo gap si stia lentamente riducendo, a vantaggio di tutti. 

 

Che consiglio daresti ad un aspirante imprenditrice che vorrebbe avviare un business?

Non riesco a fare un discorso con valenza universale, ma nel caso in cui abbia una formazione strettamente tecnica come le mia, le direi di non pensare di poter creare il prodotto perfetto fin da subito: meglio creare un buon MVP, cercare un minimo di validazione dal mercato e da lì partire con il perfezionamento. 

 

Com’è cambiata la tua personalità come imprenditrice in questi anni?

Inizialmente vivevo ogni piccolo imprevisto come un mini-dramma. Prendevo troppo sul personale qualsiasi dubbio sul prodotto. Non è stato un percorso semplice, ma ad un certo punto ho dovuto imparare ad accettare eventuali critiche e a farne tesoro per poter realizzare qualcosa di migliore. Oggi mi sento sicuramente più sicura delle mie capacità e questo mi aiuta a vivere tutto in modo diverso. 

 

Com’è cambiato il business e organizzazione della tua startup durante il periodo di contingenza covid-19?

È cambiato molto. Per anni abbiamo ospitato clienti nelle nostre sedi, organizzando demo durante le quali potevano indossare visori di Realtà Virtuale e testare di persona gli spazi virtuali. Con la pandemia ovviamente non era più possibile fare ciò.  

Dopo una prima fase di seria difficoltà ci siamo detti “ok, se non possiamo più portarli fisicamente da noi facciamo in modo di renderli autonomi” e abbiamo completamente orientato l’azienda alla rivendita di soluzioni software.  Non solo, ne abbiamo approfittato per promuovere con forza soluzioni di Realtà Aumentata, trasformando questa crisi in una grande opportunità. 

 

Grazie a Veronica per aver condiviso la sua storia di empowerment,
con l’augurio che possa essere d’ispirazione per le Founder di domani! 

 

 

Per maggiori informazioni sull’iniziativa  Pow(H)er Generation ti invitiamo a scoprire di più sul sito ufficiale di Cariplo Factory.