Sostenibilità ed entropia: l’importanza di sviluppare un approccio sistemico

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Quanto è sostenibile la … sostenibilità? Se fino a poco tempo fa la domanda poteva apparire quasi un controsenso, il mutato contesto geopolitico e la proliferazione incontrollata di idee, startup e iniziative sostenibili rendono oggi più che mai necessario interrogarsi su quanto le pratiche e le strategie volte a una maggiore sostenibilità del nostro modello di sviluppo possano nascondere al loro interno ben più di una criticità. Dalle scelte energetiche che possono aumentare la dipendenza da Paesi autoritari all’aumento dei costi e delle esternalità negative dei materiali che consentono di produrre energia rinnovabile, gli esempi, ad oggi, non mancano, soprattutto se osservati attraverso la lente d’ingrandimento dei criteri ESG.

 

Una visione d’insieme: dagli aspetti ambientali a quelli sociali e di governance

 

Analizzati singolarmente, i principi ESG appaiono solidi e sensati, ma quando li si cala nella realtà industriale e geopolitica, quando si cerca la coerenza all’interno di una visione d’insieme, è lì che si possono incontrare alcune criticità e sovrapposizioni, non semplici da risolvere.

 

A titolo di esempio, basti ricordare qui fino a che punto il passaggio dai combustibili fossili all’energia elettrica nel settore della mobilità stia mettendo sempre più sotto pressione non solo le risorse finanziarie dei privati, ma anche quelle delle imprese e della collettività: dalla costruzione di colonnine di ricarica su tutto il territorio nazionale al reperimento delle materie prime indispensabili da Paesi terzi, dalla sostenibilità economica della trasformazione delle filiere produttive alle ricadute sul mercato del lavoro, la trasformazione in chiave digitale e green del settore dei trasporti deve tenere conto di una serie di ostacoli che sarebbe inutile negare o considerare facilmente superabili grazie al progresso della tecnologia. Quindi, se è vero che l’elettrificazione della mobilità è un processo generalmente accettato come sostenibile, è altrettanto vero che la sostenibilità della logistica di tale elettrificazione e del relativo approvvigionamento di materie prime non siano da dare per scontati.

 

Non sfuggono, a questo processo di revisione critica dell’effettiva sostenibilità olistica di prodotti e servizi ritenuti comunemente “sostenibili”, neppure settori apparentemente inattaccabili come il cleantech, catalogato dalla tassonomia europea come “enabling by design” per la transizione verso un mondo più sostenibile, il settore delle cosiddette “tecnologie pulite” non è nuovo all’utilizzo di materie prime quali il cobalto, la cui estrazione avviene in Paesi in via di sviluppo in condizioni spesso critiche per i lavoratori. Servizi e tecnologie che hanno un impatto positivo sull’ambiente, quindi, potrebbero essere direttamente o indirettamente responsabili di impatti sociali fortemente negativi e quindi penalizzanti sul fattore “S”.

 

Un ultimo esempio che testimonia quanto sia complesso parlare di sostenibilità a 360 gradi, senza imbattersi in contraddizioni e vicoli ciechi, è la pratica del “carbon offsetting”, che consente di compensare le emissioni di CO2 delle aziende tramite la piantumazione. Questo processo, tuttavia, potrebbe avere un impatto negativo nei confronti della biodiversità di interi territori, aggravato della difficoltà di intervenire in quei Paesi dove le esigenze di suolo per le case degli abitanti potrebbero entrare in conflitto con l’utilizzo di suolo per le piante. Anche in questo caso è necessario valutare attentamente caso per caso, per non generare un impatto negativo dal punto di vista sociale che rischierebbe di vanificare l’impatto positivo sull’ambiente. Detta in altri termini, la pratica del carbon offsetting può essere considerata sostenibile fino a quando essa rimane una pratica per pochi e non di massa: se tutte le aziende decidessero di ricorrervi contemporaneamente potrebbero mettere a repentaglio la biodiversità e lo sviluppo socioeconomico di interi territori.

 

Direttive finanziarie e soluzioni locali per canalizzare le forze trasformative

 

Dati questi esempi, limitati nel numero ma di stringente attualità, emerge una riflessione necessaria legata a come non possano essere le singole aziende a sostenere interamente i costi della trasformazione in chiave sostenibile di filiere produttive e modalità di commercio consolidate da tempo a tutti i livelli della catena del valore. La disponibilità ad accogliere bisogni specifici delle comunità locali, sui quali dar forma a strategie operative di downstream o upstream, unitamente alla disponibilità di direttive finanziarie volte a direzionare i flussi di capitale verso soluzioni che abilitino una sostenibilità sistemica, sono oggi un passaggio cruciale per uscire dall’impasse e canalizzare le immense forze trasformative in atto verso un modello olistico, rigenerativo, circolare e attento a tutti i pillar dell’ESG.

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