Urban Solid per Cariplo Factory, la storia di Adriano Olivetti

Chi sono gli innovatori del passato che animano i tuoi pensieri e ispirano le tue azioni? In Cariplo Factory abbiamo provato a dare una risposta a questa domanda. Due anni fa abbiamo condotto una ricerca tra i dipendenti, la domanda era semplice “Chi è l’innovatore italiano a cui ti ispiri?”.
Sono emersi interessanti spunti di riflessione e visioni sulle icone del passato, spesso non sufficientemente conosciute e valorizzate. Da Vitale Bramani, alpinista e inventore della suola Vibram a Teresa Sarti, cofondatrice della ONG Emergency, da Federico Faggin fisico e inventore del microprocessore a Rita Levi Montalcini, Nobel per la medicina nel 1986, da Tina Anselmi, partigiana e prima donna ad aver ricoperto la carica di ministro della Repubblica Italiana, ad Alessandro Volta, chimico e fisico italiano, noto per l’invenzione della pila. Sono solo alcuni degli innovatori identificati dal Team di Cariplo Factory, che in collaborazione con il design di Urban Solid hanno preso vita tra le pareti della Factory.

 

Con l’augurio che la storia degli innovatori italiani possa ispirare il tuo talento, ti invitiamo a leggere la storia del primo innovatore scelto dal Team di Cariplo Factory.

 

 

Adriano Olivetti

1901 – 1960
Imprenditore, ingegnere e politico italiano

 

 

Una figura carismatica, di cultura e di scienza: Adriano Olivetti è oggi ricordato in tutto il mondo come l’imprenditore che, attraverso le sue capacità, è riuscito a trasformare una piccola azienda a gestione famigliare in un’industria in grado di competere con i grandi colossi del mercato mondiale. Imprenditore, intellettuale, politico, editore: Adriano Olivetti è stato molte cose, ma soprattutto un uomo poliedrico e visionario, che ha cambiato le regole della produzione industriale, anticipando i tempi e disegnando una fabbrica a misura d’uomo.

 

L’11 aprile 1901 nella ridente città di Ivrea nasce Adriano Olivetti, figlio dell’imprenditore Camillo Olivetti, considerato il primo ingegnere ad aver avviato in Italia una fabbrica di macchine da scrivere. Dal padre, Adriano eredita lo spirito imprenditoriale: dopo aver conseguito la laurea in ingegneria presso il Politecnico di Torino, Adriano inizia un periodo di apprendistato presso l’azienda paterna e, dopo poco tempo, compie un viaggio negli Stati Uniti, dove ha l’opportunità di visitare le fabbriche più all’avanguardia del tempo e trarre ispirazione dalle tecnologie americane. Quando rientra in Italia, Adriano propone un vasto programma di progetti e innovazioni per modernizzare l’attività della Olivetti: decentramento del personale, direzione per funzioni, razionalizzazione del tempo e dei metodi di montaggio. Favorisce la costruzione di nuove fabbriche e sedi commerciali in Europa, in Sud America, in Medio Oriente e in Africa, tanto da ottenere, alla fine degli anni Trenta, un terzo del fatturato proprio all’estero. Avvia inoltre il progetto di realizzazione della prima macchina da scrivere portatile, che esce sul mercato nel 1932, con il nome di MP1. Proprio nello stesso anno, consolida la sua posizione di rilievo, con la nomina di direttore generale dell’azienda, di cui diventa presidente nel 1938, subentrando al padre. Tra il 1944 e il 1945, l’avvento della guerra e le sue posizioni dichiaratamente antifasciste – si definisce un socialista liberale, un’etichetta che rivendicherà tutta la vita – lo costringono all’esilio in Svizzera. Con il ritorno in Italia, durante gli anni ‘50 la Olivetti riconferma la sua eccellenza tecnologica: sul piano aziendale si continuano a perseguire obiettivi di innovazione e di apertura verso i mercati internazionali, dedicando particolare cura al design industriale. A livello sociale, Adriano Olivetti mette in campo numerose iniziative a favore dei suoi dipendenti: riduce l’orario di lavoro da 48 a 45 ore settimanali, costruisce per loro quartieri residenziali, biblioteche, mense, e asili.

 

Adriano Olivetti non manca di attenzione per il futuro: l’imprenditore decide di aprire negli Stati Uniti un laboratorio di ricerche sui calcoli elettronici ed il risultato è il lancio sul mercato dell’Elea 9003, il primo calcolatore elettronico sviluppato e prodotto in Italia. A coronamento di un lungo percorso iniziato come operaio trentacinque anni prima, Adriano conclude un accordo per l’acquisizione della Underwood, azienda americana di macchine da scrivere. A conclusione di una vita di successi, di impegno politico, sociale e di cultura, Adriano Olivetti si spegne il 27 febbraio 1960. Oggi è ricordato in tutto il mondo come l’uomo che ha saputo trasformare una piccola cittadina di provincia in un punto di riferimento per economisti, scrittori, intellettuali, artisti. Un centro di un umanesimo laico e di un neocapitalismo, un laboratorio politico e sociale in cui realizzare il sogno di una nuova società sulla terra.

 

 

Tre importanti lezioni che ci insegna Adriano Olivetti

 

  • Restituire il senso alle cose. Quando nel 1945 Adriano Olivetti introdusse il concetto di “welfare aziendale” – ovvero introdusse e potenziò il servizio aziendale ai propri dipendenti – tenne un discorso noto con il titolo “Dovete conoscere i fini del vostro lavoro”, con il quale ha sottolineato l’importanza dei fini del lavoro. L’industria, l’economia e l’innovazione tecnologica devono essere al servizio delle persone, e non viceversa.

 

  • La responsabilità sociale d’impresa deve essere una vocazione, non un corollario. Adriano Olivetti è stato in grado di creare una forte comunità, autenticamente solidale, ma mai in modo episodico o caritatevole. La responsabilità sociale di un’impresa deve essere la vocazione stessa dell’impresa, una voce di bilancio eccentrica rispetto a quella che poi effettivamente è la quotidianità dell’impresa.

 

  • Il lavoro genera profitto non solo per l’individuo, ma per l’intera società. L’insegnamento più grande che Adriano Olivetti tramanda risiede nella fiducia nella possibilità di un mondo regolato dalla meritocrazia e dal benessere collettivo: è possibile ampliare i propri orizzonti, coniugare l’aspetto industriale ed economico con quello umanistico e percepire il proprio lavoro come fonte di profitto non solo per l’individuo, ma per l’intera società.